(di Anna Venturini) Si moltiplicano anche in Sicilia i negozi che propongono articoli vari a base di “cannabis sativa”: la canapa, pianta coltivata ed utilizzata sin dall’antichità, poi divenuta oggetto di condanna quale droga ricreativa e oggi considerata una coltura verde da rivalutare.
Innanzitutto dobbiamo ricordare che per migliaia di anni la canapa è stata utilizzata dai medici come antidolorifico e come coadiuvante nella cura di alcune importanti malattie, come il cancro, il morbo di Alzheimer e la depressione. Il lato negativo è che la “cannabis sativa” contiene livelli variabili di Thc, delta-9-tetraidrocannabinolo, il principio attivo che, pure in tempi non sospetti, secondo Erodoto, utilizzavano già gli Sciti, una popolazione nomade che occupava la regione del mar Nero, inalando i vapori dei semi di canapa posti su pietre roventi. In piccole quantità produce una sensazione di rilassamento, ed era proprio il Thc a contribuire alle proprietà mediche della canapa.
Erodoto racconta che la canapa veniva utilizzata dai Traci per realizzare abiti di aspetto molto simile al lino (utilizzato per fare tessuti fin dal Neolitico), ma il suo uso in campo tessile è molto più antico e probabilmente risale alla Cina di 4500 anni fa e proprio i cinesi sono stati i maggiori produttori di canapa del mondo, quando la fibra veniva utilizzata soprattutto per la produzione di corde e tessuti.
Benjamin Franklin, uno degli autori della costituzione americana, utilizzava la canapa per produrre carta,e pare che la stessa costituzione fosse stata redatta su carta di canapa proveniente dalle piantagioni di Thomas Jefferson e George Washington e dalle cartiere dello stesso Franklin, con un processo che si effettua ancora oggi per produrre carta ecologica, visto che la carta tradizionale richiede più prodotti chimici per fare la pasta di legno e provoca maggiori danni ambientali per l’abbattimento degli alberi.
Anche per quanto riguarda i tessuti, la storia recente ci regala un episodio interessante relativo alla canapa: alla fine dell’Ottocento, un sarto del Nevada, Jacob Davis e il suo socio Lob Strauss, un emigrante bavarese che nel 1853 si era trasferito a New York, brevettarono il loro procedimento per rafforzare la stoffa tessuta obliquamente, il jean (distorsione di Genoa, Genova in inglese). Strauss cambiò il proprio nome in Levi e smise di vendere i tessuti di canapa per i tetti dei carri e per le tende e trasformò il suo business in produzione di tessuti e pantaloni per i cercatori d’oro. Il marchio Levi Strauss rimane ancora oggi garanzia di qualità e eccellenza, anche se il tessuto utilizzato per i popolari jeans non è più canapa ma cotone.
Anche dal punto di vista della produzione dei tessuti, tuttavia, come per quella della carta, la canapa offre il vantaggio di essere più ecologica, perché nella coltivazione richiede una quantità limitata di erbicidi e pesticidi, che invece nella coltivazione del cotone hanno oggi raggiunto livelli insostenibili sia per l’ambiente che per le persone che lavorano nelle coltivazioni e alla lavorazione. La canapa infatti cresce rigogliosa, senza fertilizzanti e, nei climi caldi, in tre mesi raggiunge il massimo sviluppo. È pertanto una coltura sostenibile e a rapida rotazione e produce fibre quattro volte più resistenti del cotone.
Tuttavia la produzione di canapa rimane legata all’idea di una droga pericolosa, sebbene le varietà coltivate per ricavarne stoffa o carta presentino livelli di Thc così basse da non essere individuabili.
La guerra condotta alla canapa ebbe inizio negli anni Venti nel clima del proibizionismo americano, quando la proibizione dal consumo di sostanze alcoliche ottenne l’effetto contrario di aumentare la corruzione nelle forze dell’ordine e la produzione e vendita illegale in bar clandestini. Anche la cannabis era considerata dal Movimento della Temperanza una sostanza pericolosa e tossica, e il fatto che fumarla fosse abitudine degli immigrati messicani e dei musicisti neri non aiutò a comprendere le differenze tra la droga e l’uso produttivo. Curiosamente il magnate della carta, proprietario di giornali e di foreste per la produzione di pasta di legno William Randolph Hearts partecipò attivamente alla campagna di condanna condotta da Harry Anslinger, commissario del Federal Boureau of Narcotics e veemente oppositore della cannabis, finché nel 1937 venne emesso il Marijuana Tax Act con cui si mise al bando la cannabis in tutto il mondo occidentale.
In realtà negli ultimi decenni i movimenti ambientalisti stanno sostenendo l’uso della canapa per la produzione alimentare e la coltivazione di cannabis a bassi livelli di Thc per la produzione di tessuti e altri materiali, e molti Stati hanno emesso leggi permissive che dimostrano la volontà di promuovere questa antica coltivazione e sfruttarne i molteplici utilizzi, da quelli alimentari a quelli storici di carta e tessuti, oltre all’impiego nei pannelli isolanti ad uso domestico.
La normativa europea e quella italiana hanno aperto alla coltivazione di canapa con una serie di leggi che partono dalla distinzione tra i prodotti che derivano da coltivazioni ad alto contenuto di Thc e quelli consentiti e anzi sostenuti, privi del principio attivo psicotropo. Lo scorso anno è entrata in vigore in Italia una legge sulla canapa che specifica quali siano le sostanze che non rientrano nella categoria di stupefacenti e che stabilisce espressamente “il sostegno e la promozione” della coltura della canapa da parte dello Stato, finalizzata alla “produzione di alimenti” e che la suddetta coltura di varietà non psicotrope è consentita senza autorizzazione.
Resta il fatto che di fronte ai numerosi “cannabis store” che stanno aprendo nelle nostre città, molte persone restano interdette o si lasciano condizionare da condanne superficiali e manipolazioni politiche ridicole, come è avvenuto a Catania, dove un negoziate è stato accusato da un partito neofascista di vendere “droga a chilometro zero”. Queste manipolazioni culturali sono sempre avvenute e continueranno ad esistere fino a che, cannabis o non cannabis, ognuno di noi non sceglierà autonomamente di informarsi in maniera semplice e pulita.