(di Paola Roccoli) La tradizione dolciaria siciliana, trae le sue origini sicuramente dal periodo della dominazione araba in Sicilia.
A cominciare dal cannolo che secondo un’antica leggenda araba il cannolo – ormai simbolo della pasticceria siciliana – sarebbe una dolce creazione delle favorite dell’Emiro, che vivevano il “Castello delle donne” ubicato a Caltanissetta.
E se oggi i cannoli si preparano tutto l’anno e concludono lauti pranzi domenicali, in passato si preparavano solamente in occasione del Carnevale isolano. Per realizzarli si usavano rocchetti di canne di fiume. Alla loro gustosità Giuseppe Pitrè, in “Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano”, ha dedicato un componimento ai “beddi cannoli di carnilivari”.
Nella città di Palermo se ne fa grande uso e consumo. A Sant’Agata di Militello la tradizione prevede che per Carnevale si prepararino le dita di Apostolo: cannoli più grandi della norma, cotti al forno e farciti sempre di ricotta e glassa bianca per metà e glassa al cioccolato per l’altra metà. A Camastra e Menfi se ne prepara uno sempre cotto al forno, in cui la scorza è arricchita di mandorla e cannella.
I cannoli di Piana degli Albanesi sono i più noti della Sicilia Occidentale, in particolare per le notevoli dimensioni e per la friabilità della scorza. A Piana è anche usanza per il periodo di Carnevale di preparare la petullat, pasta fritta a forma quadrata o sferica, e la loshkat, palline di pasta dolce fritta e zuccherata.
L’ultima domenica di Carnevale a Mezzojouso si festeggia il Mastro Campo, che è il protagonista di una pantomima che racconta una storia d’amore tra Bianca di Navarra e il Conte di Modica Bernando di Cabrera. Durante i combattimenti tra vari schieramenti e il sequestro metaforico di alcuni spettatori, si svolge il pagamento del riscatto: dolci di carnevale, cannoli, sfinci, chiacchere e quant’altro.
Le chiacchere altro dolce della tradizione, a Sambuca vengono chiamate scocche, a Canicattì gnuocchili, mentre a ad Acquaviva Platani, a Mussomeli, a Santa Ninfa e a Salemi, con aggiunta di crema pasticciera, sono chiamate teste di turco.
Nelle Isole Eolie, il carnevale si festeggia con un dolce dal nome gigi. La caratteristica di questo dolce è che dopo essere fritto viene immerso a bollire nel vino cotto, uno sciroppo di uva dolce, tipico dell’arcipelago eoliano, preparato con il mosto appena pigiato e cotto con cenere di tralci di vite.
Le cuddureddi di Carnevale, dolci fritti a forma di piccoli anelli passati nel miele, si preparano per il Carnevale di Pettineo.
A Palermo si fa la pizzicata, molto simile alla pignolata; si prepara anche la petramennula, torrone preparato in appositi cilindri, poi sformato e avvolto in carta frastagliata a forma di caramella. Sempre a Palermo, venivano esposti nelle vetrine delle pasticcerie, simpatiche teste di maialini di pasta reale. Una volta questi dolcetti erano esposti anche per la festa di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali nell’antico quartiere della Loggia dei Mercanti.
In occasione del Carnevale a Delia (Caltanisetta) vengono preparate le cuddriredde, ciambelline fritte a forma di piccola corona. Questo dolce sembra sia nato per fare omaggio alle castellane di Delia durante la guerra dei Vespri siciliani. Particolare è la preparazione, perché i metodi sono tuttora qugelli della tradizione. L’impasto viene lavorato su un asse di legno, dopo viene diviso in tanti filoncini che vengono avvolti attorno un bastoncino di legno dal quale si sfilano, ottenendo una spirale, che in seguito viene adagiata su un attrezzo chiamato pettine, facendo acquisire alla ciambella la caratteristica rigatura. Unendo le estremità si ottiene la forma di corona.
Nella città medievale di Caccamo i dolci tipici del Carnevale sono i taralli, ciambelline di pasta di bignè, ripiene di ricotta. A Barrafranca non manca mai la pasta siringata: l’impasto di questo dolce viene versato in una speciale siringa a cilindro, in cui all’interno vi è una stella che dona alla pasta un aspetto rigato.
Per il famoso Carnevale di Acireale è uso gustare le mascherine, pasticciotti ripieni di crema, coperti di glassa decorata a motivo di mascherina.
Secondo un’antica usanza, a Balestrate il Carnevale si festeggia la domenica e il lunedì. Pare che un gruppo di pastori decise un martedì di unirsi ai festeggiamenti, ma non trovando più nessuno si travestirono da donne, organizzando un particolare Carnevale, formato da coppie di cavalieri e dame tutti di sesso maschile, che si esibirono in una danza simile alla tarantella. Da allora il Carnevale di Balestrate dura un giorno in più che viene chiamato lu jornu di lu picuraru.
Inoltre dal 1900 al 1930, i tre giorni di Carnevale erano preceduti da due giovedi, lu joviri di li cummari e lu joviri grassu. Nei due Giovedi era uso mangiare un raviolo chiamato cassateddi di ricotta o di ceci.
Cuddrireddra di Delia
Ingredienti
1 kg di farina di grano duro
3 uova
300 gr di zucchero
200 gr di strutto
1 bicchiere di vino rosso
cannella in polvere
1 arancia
Lavorate la farina con le uova, aggiungete lo strutto, lo zucchero, un pizzìco di cannella, la scorza di arancia grattuggiata e il vino, impastate bene tutti ingredienti. Dividete la pasta in modo da dare la forma di grissini, unite le estremità e formate del piccole corone. Friggete in abbondante olio.