(di Angela Sciortino) Al santo artigiano patrono dei lavoratori a cui è molto devoto, lo chef Rosario Matina, ogni anno da undici anni, dedica a Cammarata la preparazione della minestra della carità di San Giuseppe che è diventato il piatto simbolo della confraternita.
«La pietanza è tipica di Favara il mio paese natio – racconta Rosario Matina – e l’ho realizzata per la prima volta nel mio ristorante che ho gestito per dieci anni». Fu il compianto don Nicolò Mastrella a volere inserire la preparazione e la distribuzione della minestra nell’ambito della festa dedicata a San Giuseppe che si svolge a Cammarata il 16 agosto nel santuario della Santissima Maria Cacciapensieri. Adesso anche dopo la scomparsa di don Nicolò Mastrella avvenuta lo scorso inverno, la tradizione viene mantenuta: «La mia è una promessa, un vero e proprio voto – spiega Matina – che ho dedicato a San Giuseppe al quale ho promesso che preparerò la minestra della carità finché ne avrò le forze. Quest’anno, in particolare, la dedico alla memoria di don Nicolò Mastrella».
Non ci vuole solo volontà e forza per preparare la minestra della carità di San Giuseppe nelle quantità richieste dai festeggiamenti. Sono necessari molti donatori. Il senso della minestra della carità consiste proprio nel dono che ciascun confratello e devoto può fare per la preparazione della pietanza. Un tempo, quando più di oggi la povertà interessava ampie fette della popolazione, ciascuno donava quel che poteva: un pugno di fave secche o altri legumi, qualche etto di pasta del formato che si trovava in dispensa, un po’ d’olio o qualche frutto dell’orto. Oggi oltre alla carità, per fare la minestra in piazza a Cammarata servono braccia (almeno una ventina) e tempo, tanto tempo. La cottura nei pentoloni dura ben dodici ore e le marmitte da rimestare non sono più due come nel primo anno, ma dieci. Qualche numero serve a dare la dimensione della manifestazione: 500 kg di legumi e 160 kg di pasta per un totale di 6 mila piatti di minestra.
Ogni anno poi accade un piccolo miracolo: quando alle 22, dopo la benedizione si passa all’assaggio, la minestra ha il medesimo sapore anche se prelevata da pentole diverse. Per molti non si tratta di miracolo, ma di maestria. Rosario Matina, però, grande devoto di San Giuseppe, preferisce credere alla prima versione.
La minestra della carità di San Giuseppe
Ingredienti per 8 persone
100 gr di fave secche
50 gr di ceci
100 gr di lenticchie, 100 gr di fagioli si Spagna,
50 gr di faro
50 gr di miglio
100 gr di piselli secchi
100 gr di grano antico siciliano
300 gr di patate
50 gr di cavoli
100 gr di finocchietti selvatici
200 gr di pomodori rossi maturi
una costa di sedano
una cipolla di media grandezza
una carota
100 gr di cavolfiore
150 gr di olio evo
150 gr di cotenna del maiale con pancetta attaccata
300 gr di pasta di vari formati sia lunga che corta
3 litri di acqua
sale e pepe q.b.
Tutto inizia il giorno prima della preparazione della minestra quando si mettono a bagno tutti i legumi che devono restare in eguale quantità di acqua per 24 ore all’interno di un contenitore di plastica alimentare.
Il giorno successivo scolate i legumi, lavateli ripetutamente in acqua abbondante e fateli scolare. In una pentola di alluminio abbastanza capiente alta e larga fate rosolare nell’olio il trito di sedano, carote e cipolle. Aggiungete la cotenna fatta a pezzetti continuando a rosolare, poi aggiungete tutto il resto degli ingredienti (esclusa la pasta) in una sola volta e coprite con acqua. Fate cuocere per almeno due ore fino a che tutto non si trasformi in crema, salate e pepate. A questo punto calate la pasta che dovrà cuocere per non oltre quattro minuti. Spegnete il fuoco e mettete ancora un filo d’olio. La minestra è pronta per essere servita.
Uno dei piatti che dà più soddisfazione.
Come si dice dalle nostre parti per esprimere compiacimento: ‘e vviri chi manci!!!’