Ogni anno viene aggiornato e diventa sempre più ricco. È l’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali che, istituito nel 1998, dallo scorso 10 febbraio presenta alcune new entry. Chi volesse consultarlo può trovarlo sul sito del Mipaaf. Tra le novità anche alcuni prodotti siciliani. Nel gruppo delle carni carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione è stata inserita la salsiccia pasqualora partinicese che in dialetto è nota come sasizza pasqualora partinicese.
Da Buccheri all’Assessorato regionale all’Agricoltura sono arrivate alcune proposte che sono state accolte e sono entrate a far parte della nuova versione dell’Atlante nella sezione “prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati”. Parliamo delle “favi liezzi di Buccheri“, dell’”oliva a puddascedda di Buccheri” e dell’oliva nera di Buccheri. Le prime sono una pietanza tipica delle osterie del centro agricolo siracusano. Questa la semplice ricetta: dopo aver messo le fave secche intere in acqua per una notte intera, scolatele e fatele cuocere nell’acqua con cipolla e sedano ed aggiungete il sale a fine cottura; scolartele e saltatele in padella con un soffritto d’aglio, un po’ di salsa di pomodoro origano selvatico e peperoncino rosso secco o fresco. Sentirete che bontà…
Le olive alla maniera degli anziani di Buccheri
Per fare le “olive a puddascedda” bisogna raccogliere le olive ancora verdi e riporle per tre giorni in acqua senza alcun condimento sostituendo ogni giorno l’acqua. Trascorsi i tre giorni, lavate per bene sotto acqua corrente le olive; in un contenitore salare dell’acqua al punto giusto ed immergervi le olive (per ottenere l’acqua salata al punto giusto, basta versarvi del sale fino a quando un uovo di gallina resta a galla), aggiungendovi limoni tagliati a pezzi, abbonante aglio in camicia pestato e abbondante origano. Tenete le olive a bagno per almeno una quindicina di giorni fino a quando perdono il gusto amarognolo. Quindi le olive vanno scolate e strizzate con le mani e deposte in vasi di vetro a strati con l’aggiunta di aglio finemente tagliato, menta fresca, aceto di vino e olio extravergine d’oliva.
Tante le susine di Monreale
Anche le prugne (o susine) molto note e apprezzate del Monrealese che costituiscono da anni presidio di Slow Food sono state inserite nell’elenco. Si tratta della susina “ariddu di core” con i suoi sinonimi ariddi ri core, ariddicore; della “susina caleca” (sinonimo caleca, pruno caleca); della “susina della rosa”, pruna a rosa, pruno rosa, Santa Rosa; della “susina lazzarino”, nota anche come lazzarino e rapparino di Monreale. E ancora la susina “pruno di Vruno” (sinonimi pruno ri Vruno, pruno vruno) e la “susina sanacore tardiva” (sanacore tardiva, sanacore ca facciuzza rossa). Tutti questi tipi di prugne sono tipici di un areale vasto che comprende Altofonte e Monreale e che corrisponde ai territori appartenuti storicamente al re Normanno Guglielmo II e successivamente all’arcidiocesi di Monreale.
L’impegno di un pastry chef per un dolce dimenticato
Nella categoria delle paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria troviamo la novità della cassatella di ceci o cassatedda di ciciri, un prodotto tipico della pasticceria del Partinicese la cui tradizione è mantenuta e portata avanti dal pastry chef Paolo Antico che però in paese non ha trovato ancora molti alleati. Tra i suoi sostenitori c’è per Mario Indovina di Slow Food che lo incoraggia a perseverare affinché il prodotto della pasticceria possa entrare a far parte dei presidi tutelati dall’associazione.
Sempre in questa categoria sono state inserite quattro specialità di Realmente: i “cuddriruni”, i “cuddriruni duci”, i “duci di tibbi” e “nmugliulati”. Poi ancora da Buccheri: i “cudduruni di Buccheri” e i “funciddi di Buccheri”.
Infine tra i prodotti della gastronomia, le novità riguardano i “coddra chi sardi”, i “pani co pipi” e i “pani frittu cu l’uovu”. Sapete cosa sono?
Coddra (colla) chi sardi, frittelle di Realmonte
La “Coddra chi sardi” pietanza tipica di Realmonte è in pratica una pastella densa rotondeggiante cosparsa si sarde diliscate a pezzi. Se volte provare a realizzarla seguite la ricetta che viene riportata nell’Atlante Pat.
Disporre in una ciotola a bordi alti la farina di grano duro, un pizzico di sale, il lievito ed amalgamare il tutto aggiungendo acqua tiepida fino ad ottenere un impasto morbido e colloso. Poi coprire con un panno e riporre in ambiente tiepido per favorire la lievitazione. Quando il volume dell’impasto sarà raddoppiato, scaldare in una padella abbondante olio extravergine di oliva e disporre una cucchiaiata di impasto nella padella, schiacciandolo in modo da spianarlo. Mentre si frigge il primo lato dell’impasto, distribuire sul lato superiore la sarda a pezzettini, quindi girare e friggere il lato con la sarda.Si gusta preferibilmente calda.
Pani co pipi, un modo per riciclare il pane raffermo
Il pani co pipi, pane raffermo ammorbidito con un composto liquido di estratto di pomodoro, condito con origano, peperoncino, olio e uova, si prepara a Buccheri. È facile da preparare: si comincia con il fare in padella un soffritto di cipolla, aggiungere dell’acqua e portare ad ebollizione. Quindi si fa sciogliere l’estratto di pomodoro, si aggiunge un pizzico di sale e del peperoncino. Aprire le uova e rompere il tuorlo con la forchetta senza sbatterlo.Tagliare il pane raffermo a fette spesse circa due centimetri, introdurle nella padella e coprirle con il sugo già pronto. Quando le fette si sono ammorbidite aggiungere un filo di olio e un po’ di origano. Servite caldo.
Ancora da Buccheri ancora il “pani frittu cu l’uovu”
Infine da Buccheri viene la ricetta del “pani frittu cu l’uovu” ovvero pane raffermo impastato nell’uovo e fritto. Facilissimo da realizzare: basta tagliare il pane raffermo a fette spesse circa un centimetro, bagnare entrambe le facce della fetta nell’uovo sbattuto, condire con sale e origano, friggere nell’olio bollente, fare dorare e porre a colare nella carta assorbente, aggiungere a piacere un pizzico di peperoncino. Servire caldo.
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