Non c’è tavola in Sicilia in cui per Pasqua non sia presente l’agnello, cotto al forno, in tegame, alla brace, “abbuttunatu”, “aggrassatu” e tanti altri modi ancora. Ma perché proprio il giorno di Pasqua? La risposta è legata ad antiche tradizioni religiose.
Per le culture del Mediterraneo l’agnello era simbolo di sacrificio e di salvezza per eccellenza perché sinonimo di purezza e di innocenza. Nella tradizione ebraica, il giorno di Pasqua (Pesach) si sacrificava un “agnello maschio e se ne mangiava la carne arrostita e con il sangue si contrassesegnava le abitazioni, segnando la salvezza del popolo ebraico”.
La Pasqua cristiana riprende la tradizione ebraica, ma si distacca nel significato simbolico e teologico ed elimina il rito sacrificale. Il sangue versato per liberarci non è più quello dell’agnello, ma quello di Gesù morto sulla croce. Ecco perché, nei Vangeli, Gesù Cristo viene indicato come Agnus Dei, Agnello di Dio. Ma, a differenza dell’agnello della Pasqua ebraica, quello cristiano risorge dalla morte. Nel corso dei secoli ci si è interrogati se Gesù, durante l’ultima cena, avesse o no mangiato l’agnello, e ciò lo pone protagonista del menu pasquale.
In Sicilia, la cucina tradizionale ha saputo dare sfogo alla creatività quando si tratta di agnello. La ricetta più conosciuta è l’agnello “aggrassatu” (o “agglassato”, che deriva dal latino “glaciare” che significa velare, nel senso che la salsa che si forma ha la consistenza di una glassa) cioè la lunga cottura in tegame insieme alle patate, il rosmarino e la cipolla.
Un’altra specialità è l’agnello “abbuttunatu”, cioè la spalla o il cosciotto dell’animale farcito e cotto in forno. Non può mancare il classico agnello cotto alla brace, protagonista delle scampagnate dei siciliani.
Nel Ragusano l’agnello è protagonista di ricette più complesse. Durante le feste pasquali si preparata l’impanata. Si tratta di una focaccia di pane lievitato farcita con lo stufato di agnello, la cipollina novella, il prezzemolo e cotta in forno. Simile all’impanata è u pastieri, chiamato così perché, utilizzando lo stesso impasto di farina dell’impanata, si crea un dischetto che è riempito di carne e interiora precedentemente lessati, e viene chiuso a formare un cestino.
Le interiora, invece, mescolate con la cipolla e il formaggio, formano un impasto compatto che viene legato con un budello e cotto in forno dentro un tegame di terracotta. Questo è u turciniuna, il nome indica il fatto che il budello viene “attorcigliato” attorno all’impasto, ricordano nel complesso le stigghiola palermitane, anche se naturalmente si distinguono per il contenuto e il modo di cottura.
Infine l’agnello di pasta reale (per la ricetta qui), simbolo per eccellenza della Pasqua siciliana. Un candido agnellino di pasta reale o martorana messo in posizione accovacciata all’interno di un recinto di legno su una base verde a indicare il prato, guarnito con un fiocco rosso al collo, dei confetti e/o cioccolatini attorno, uno stendardo con il monogramma di Gesù Cristo infilzato sulla schiena, e infine dipinto a mano.
Spiedini d’agnello
Ingredienti
1 cosciotto di agnello
4 cucchiai di olio extravergine di oliva
4 rametti di timo
1 limone
qualche foglia di menta
sale e pepe q.b.
Disossate il cosciotto e tagliate a dadi la carne. Mescolate insieme l’olio, il succo del limone, il timo, la menta, il sale e il pepe. In una ciotola mettete la carne e versate la salsa. Lasciate marinare per un paio d’ore. Infilate i pezzi di carne in spiedini e cuoceteli sulla brace, avendo cura di girarli spesso. Durante la cottura spennellate con la salsa di marinatura.