In tre generazioni da panificio a ristorante con cucina siciliana rivisitata in chiave innovativa. Per farlo, la famiglia Riccobono ha scelto la tecnica ricerca dello chef Giuseppe Roccaforte.
L’Agorà, pizzeria nel cuore del centro storico di Casteldaccia (via Sabotino, 38) apre dunque al ristorante, incoraggiando la visione di Alessandra (la più giovane della famiglia) che porta avanti la tradizione familiare ed è spinta dal desiderio di far conoscere le antiche ricette della nonna.
L’incontro con lo chef Roccaforte lascia il segno con una cucina che non lascia indifferenti. Poi c’è il personale attento e preparato, guidati dall’occhio vigile del maître Salvatore Giammarresi. A rafforzare il tutto la giovane Alessandra Riccobono che governa il ristorante con il supporto del padre Francesco, della madre Rosellina Cusimano e del fratello Rosario.
Nel menù c’è una ricca proposta di piatti di pesce e di carne preparati con diverse tecniche di cottura che ne mantengono il gusto, la genuinità e la morbidezza. E parlando di semplicità e genuinità non possiamo fare a meno di parlare del pane a lievitazione naturale e cotto nel forno a legna seguendo la ricetta del nonno Rosario. Una vera e propria goduria. Per gli occhi: bello a vedersi, somiglia al pane di Matera. Per il naso: profuma di antichi sentori. Per il palato: in bocca è dolce alla masticazione e appena acido per il lievito. E, infine anche per le orecchie: scricchiola per la fragranza quando lo si spezza.
La cucina poi sorprendere i palati più esigenti. All’apparenza semplici i piatti messi a punto dallo chef Roccaforte che combina innovazione e tradizione. Per le sue preparazioni, lo chef non rinuncia alla costante ricerca della perfezione che passa dalla ricerca attenta delle tecniche di preparazione e dalla selezione delle materie prime di qualità.
Dall’aperitivo al dessert, passando dall’assaggio della pizza di Francesco Riccobono, il nuovo menù è una continua scoperta. Alcuni dei piatti all’interno della carta sono stati raccontati alla stampa in un coinvolgente percorso sensoriale.
L’amuse bouche ha aperto le danze: ricottina aromatizzata alla fave di tonka, gambero rosso e caviale.
Due gli antipasti: “Baaria” (una iconica crema di finocchio, arricchita da olio extravergine d’oliva e gambero rosso) e la “Parmigiana di alici marinate” in cui lo chef ha reinventato, con non poca maestria, fantasia e impiego di tempo, uno dei piatti tipici della cucina siciliana mettendo insieme una melanzana, alcune alici marinate, l’olio extravergine d’oliva e la spuma di tuma persa.
Il primo piatto rievoca i sapori di una volta dove i cappellacci ripieni di formaggio caprino (fatti a mano con un impasto con poche uova), esaltati dalla freschezza della bisque di scampo, la tartare di tonno e la terra di olive nere.
Sapori di terra e di mare per il secondo: trancetto di spatola nostrana con crema di cavolfiore, lenticchie di Ustica e olio di limone.
La serata si è conclusa in dolcezza con éclair al mandarino tardivo di Ciaculli e il suo gelo.
P.S. Non abbiamo potuto fare a meno di chiedere l’assaggio della pizza preparata da Francesco Riccobono, e cotta nel forno a legna.
Un vero must: l’impasto nasce dai grani antichi siciliani e cereali moliti a pietra. Gli ingredienti sono il risultato di un’accurata ricerca. La morbidezza è data dell’idratazione dell’85-90% e a una lievitazione lunga 48 ore.