Può il consumo regolare di funghi proteggere dal deficit cognitivo, ovvero dalla demenza senile? Alcuni ricercatori dell’Università di Singapore hanno raccolto dati per sei anni su un campione di 663 ultra-sessantenni senza deficit cognitivi o con deterioramento cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment, Mci), condizione connessa alle prime avvisaglie di demenza.
I risultati hanno permesso di rilevare un’associazione significativa tra il consumo di alcune tipologie di funghi e il benessere cognitivo nella popolazione anziana, legame che sembrerebbe essere indipendente da altre variabili quali età, genere, storia medica, fumo, alcool, attività fisica e sociale.
In particolare, consumare più di due porzioni di funghi a settimana, per un totale di circa 300 grammi, ridurrebbe la probabilità di sviluppare Mci.
Come si spiega? Tale associazione sembra essere supportata dal fatto che questi alimenti contengono sostanze importanti per il nostro organismo, tra cui l’ergotioneina, un amminoacido con una potente azione antiossidante e antinfiammatoria, e altre componenti potenzialmente in grado di inibire la produzione di beta-amiloide e di tau, proteine coinvolte nell’insorgenza ed evoluzione della malattia di Alzheimer.
Secondo gli stessi ricercatori, però, i dati emersi non dimostrano una causalità diretta tra ridotto consumo di funghi e declino cognitivo.
Insomma non illudiamoci: non basta, infatti, il consumo di un singolo alimento a prevenire i sintomi cognitivi connessi a Mci o a demenza. Ciò che è stato dimostrato è una cosa che già sappiamo. Ovvero che una dieta variegata e ricca di sostanze nutritive, tra cui quelle contenute nei funghi, e uno stile di vita sano possono proteggere dal declino cognitivo e dalla demenza.