(di Angela Sciortino) Probabilmente di quelli artigianali (veri) nelle dispense delle cucine non ce ne sarà neanche una briciola. Per non parlare di quelli elaborati da chef gourmet: pure per coloro a cui non piace il panettone, sono stata una tentazione irresistibile.
Troppo buoni, soffici e delicati per essere lasciati a languire in anonime buste di plastica dopo avere lasciato gli involucri eleganti ed esclusivi adatti a un prodotto di pregio. Non sono stati ugualmente fortunati pandori e panettoni industriali che pur nelle varie versioni dalla classica a quelle più elaborate al cioccolato, al pistacchio, agli agrumi, ai frutti di bosco – solo per citarne alcune – non hanno attratto la gola di commensali già sazi di altre leccornie sia salate che dolci.
Prima che arrivi l’Epifania che tutte le feste porta via, con tutti gli avanzi di panettone e pandoro, i dolci natalizi per antonomasia, si può realizzare in poco tempo e senza tanto impegno un altro dolce. Per non smentire le scelte di questa testata che ha sposato la politica alimentare del no-spreco e valorizza la cucina del recupero o del riciclo, vi proponiamo il pudding.
Del dolce tipico di Natale delle popolazioni anglosassoni, la preparazione che vi proponiamo porta solo il nome e ha in comune la presenza della frutta seccare le spezie e di un lievitato raffermo: nel nostro avanzi di panettone e/o pandoro, in quello diffuso negli Usa avanzi di pane. Per il resto, il pudding originale, quello che secondo la tradizione è nato in Scozia, è di gran lunga differente e sia per consistenza che per sapore.