(di Angela Sciortino) Bianco, mosso, profumato, fresco. Perfetto da abbinare a frutti di mare, meglio se ostriche bretoni.
È il TrediDue, il risultato della vendemmia del 2018 che in molti, tra i vigneron siciliani, ricorderanno come quella che stressato le viti fin quasi allo stremo. Ma che in molti casi ha permesso la produzioni di vini di gran pregio. Da Inzolia e Catarratto bianco lucido (nelle proporzioni di nove a uno) il più giovane prodotto della Biologica Stellino, è nato praticamente per caso. Un tentativo ben riuscito, ma che forse sarà difficile riprodurre. Non foss’altro per le condizioni estreme che in quest’annata non si ripeteranno: un esordio d’estate così umido e fresco, infatti, chi se lo sarebbe mai aspettato? E poi c’è un altro fattore che farà la differenza: con la “messa in sicurezza” assicurata dal nuovo impianto d’irrigazione del vigneto d’Inzolia esposto a Sud che la scorsa estate era stato messo seriamente a repentaglio dalla siccità e dalla calura, certi stress non si potranno ripetere, e, quindi probabilmente nemmeno certi risultati produttivi.
Biologica Stellino dei due fratelli Tommaso e Pietro è un’azienda giovane, ma antica nello stesso tempo. Nasce nel 2016 e prima è stata condotta dal padre e dal nonno e dal 2008 era già stata convertita in biologico. Il 2016 è stato l’anno della svolta con la decisione di riprendere l’attività di vinificazione che aveva già svolto il nonno, ma con un obiettivo diverso, ovviamente: non vino da taglio destinato a corroborare i deboli vini d’Oltralpe, ma vino biologico da vitigni autoctoni da imbottigliare e destinare al mercato. Perseguendo una continua ricerca della qualità quasi maniacale: dalle numerose prove di vinificazione in cui all’enologo viene imposto l’imperativo categorico di fare vini quanto più naturali possibile (senza aggiungere i tanti additivi che in usano in enologia), fino alla scelta dei grappoli fatta uno per uno durante la raccolta manuale. In perfetta linea con quello che i due fratelli hanno scelto come slogan aziendale: «Per noi – ripete Tommaso Stellino – produrre vino biologico è naturale».
E così dalle vigne dei due corpi aziendali, il primo in contrada Fratacchia e il secondo in contrada Sirignano entrambi situati nel territorio di Monreale, al confine con il comune di Alcamo, Calatafimi Segesta e Camporeale, diversi per esposizione e per tessitura del terreno, nascono due etichette di vino biologico che hanno debuttato solo di recente: Chianu e Crita. Il primo è un monovitigno di Cataratto lucido che, testato nelle annate 2016 e 2017, ha mostrato caratteristiche diverse che si sono mostrate più interessanti per la migliore struttura in quello del 2017. Segno che il riposo in bottiglia giova a questo prodotto.
Sui terreni a prevalenza argillosa (da qui il nome “Crita”) viene coltivato il Nero d’Avola: spalliera semplice a Guyot con 4 mila piante per ettaro su un substrato difficile da coltivare. Un vino che nell’annata 2016 avvolge il palato, sa molto di frutti di bosco ed ha un aroma persistente. Ma che sicuramente con il tempo perderà un po’ dei tannini che, come tutti i Neri d’Avola troppo giovani, possono non essere graditi a qualche palato.