(di Angela Sciortino) Ha da poco ricevuto gli ambiti tre coni del Gambero Rosso. Ne va fiero: è il primo e l’unico in Sicilia ad avere ottenuto questo riconoscimento.
La fama di Antonio Cappadonia, grazie a un articolo di Mary Simeti Taylor pubblicato sul Financial Times, è arrivata oltre oceano. Ma non per questo, dopo quell’articolo pubblicato nel 2009 si è montato la testa. A Cerda è nato e li è rimasto, nella bottega di gelateria (con uno sguardo anche ai dolci della tradizione e alla pasticceria tout court) della piccola cittadina del palermitano famosa per la Targa Florio, dove tuttora risiede.
A Palermo è sbarcato l’anno scorso dopo avere stretto un sodalizio societario con Donato Didonna, imprenditore pugliese che ama Palermo in mondo viscerale. A Palermo ha aperto, e oggi, 1° marzo, riaperto, la bottega di corso Vittorio Emanuele, 401; e pure oggi ha debuttato la seconda gelateria che porta il suo nome a piazzetta Bagnasco, 29 dalle parti del teatro Politeama.
Autodidatta per vocazione, le caratteristiche della sua produzione di gelatiere sono rimaste quelle di quando ha cominciato: tempi lunghi, ricerca ossessiva della materia prima, rapporto diretto con i produttori, studio costante del gusto e del suo sviluppo, tecnica curata in ogni dettaglio. Nulla è legato al caso a cominciare dalle materie prime selezionate con cura maniacale: i limoni della sua amata cittadina natia, la manna di Castelbuono, i gelsi di Monreale, le fragole di Marsala, il cantalupo di Licata, i fichidindia di San Cono, i petali di rosa di Damasco provenienti dal monastero della comunità di Bose (Biella).
Per Cappadonia il gelato non si fa, si crea. Ed è un mix di “artigianalità, cultura, passione”. «Per questo – afferma – continuo a studiare, ricercare, mettermi alla prova, esplorare luoghi e persone». La materia prima è poi una religione: «Oltre a rispettarla, la scelgo in modo da dare dignità ai produttori e aspetto i tempi giusti imposti dalla natura. Non ci saranno mai gelati fuori stagione tra le mie produzioni».
Alla domanda se per fare un buon gelato conta di più la maestria e la competenza del gelatiere, la qualità degli ingredienti o quanto sia sofisticato il macchinario che viene utilizzato, Cappadonia ci pensa un po’, ma dopo afferma con sicurezza: «Tutti e tre gli elementi hanno pari importanza. Basta l’assenza di uno perché il prodotto finale non riesca a raggiungere qualità apprezzabili». Nel suo lungo curriculum tanti i premi e i riconoscimenti e pure l’ispirazione fornita a un costruttore di attrezzature per gelateria di Principessa, un mantecatore rivoluzionario che imita la lavorazione del gelato a mano, come un tempo si faceva utilizzando la neve estratta dalla neviera di Piano Principessa (da cui il nome), che si trova vicino Piano Battaglia nelle alte Madonie.