(di Ghino di Tacchino) Mentre il Sultano del Brunei reintroduce la lapidazione per adulteri e gay, provocando lo sdegno di tutta l’opinione pubblica occidentale, c’è un Sultano di casa nostra che, molto più saggiamente, alle pietre preferisce le parole (anche se, per citare Carlo Levi, anche le parole a volte sono pietre).
Ci riferiamo a quanto sta accadendo all’interno dell’associazione “Le Soste di Ulisse” che proprio qualche giorno fa si è riunita a Siracusa per la consueta festa biennale. Tutti presenti i ristoratori delle Soste, praticamente il gotha del settore in Sicilia, tranne uno, proprio lui, Ciccio Sultano, ultimo presidente dell’associazione, che però ha preferito farsi vedere a Cibo Nostrum, al CookingFest e al congresso dei Cuochi italiani, iniziative che si svolgevano a Catania in contemporanea con la festa delle Soste (e anche qui ci sarebbe da chiedersi il perché di questo accavallamento di eventi).
L’assenza di Ciccio Sultano a Siracusa, ovviamente, non poteva passare inosservata. Comunque sia, a spazzare ogni dubbio ci ha pensato lo stesso chef stellato ragusano, inserendo sul proprio profilo Istagram una foto scattata al CookingFest di Catania e un post dal chiaro contenuto polemico: “I colleghi giusti (Antony Genovese, Enrico Crippa e Luciano Tona) nel posto giusto”.
Insomma, appare chiaro che all’interno de “Le Soste di Ulisse” qualche equilibrio s’è rotto. Lo si era già intuito nel febbraio dello scorso anno quando era stato eletto il nuovo presidente, il licatese Pino Cuttaia; elezione avvenuta ufficialmente all’unanimità, ma in realtà anche con qualche mugugno da parte di chi comunque aveva scelto di non esporsi.
Senza volere entrare nelle piccole o grandi beghe dei masterchef siciliani e in difficili equilibri più da sottobosco di politica locale che da imprenditori “stellati”, quella delle Soste è l’ennesima riprova che l’associazionismo in Sicilia è sempre merce rara e di difficile filosofia. Torna in mente il vecchio detto che la migliore società è sempre quella composta da un numero dispari di associati, purché sia inferiore a tre. Chissà che l’apertura verso mercati europei e nordamericani non insegni ai nostri chef anche una semplice e banale regola, quella cioè che per diventare una vera forza economica bisogna presentarsi uniti lasciando da parte piccole gelosie e interessi di bottega. Sarebbe il caso di rifletterci un po’. E stavolta tutti insieme.