(di Vanessa D’Acquisto) Secondo gli astronomi, il 24 giugno il sole inizia la sua fase decrescente dopo il solstizio d’estate, fino a “morire” nel solstizio d’inverno.
Nella tradizione popolare-religiosa la “vita” del sole è associata a quella di San Giovanni Battista, di cui proprio il 24 giugno si celebra la natività.
Come ogni festa cattolica, anche la festa di San Giovanni Battista trae origine da tradizioni arcaiche e pagane legate al solstizio d’estate. Nell’antichità venivano accesi dei falò che avevano la fuzione di proteggere il creato dai demoni e dalle streghe. Nella tradizione cattolica, l’accensione di questi fuochi si rifà agli avvenimenti del 361, quando Giuliano l’Apostata fece bruciare le ossa del santo per estinguerne il culto.
Le feste di San Giovanni avevano nel passato una valenza prevalentemente agricola: si chiedeva la protezione del bestiame e la riuscita dei raccolti. Ed è per questo che al santo sono legate una serie di erbe, chiamate appunto erbe di San Giovanni, il cui utilizzo scaccia i demoni e le streghe. Ci sono poi anche i ribes di colore rosso (colore del santo), detti bacche di San Giovanni, che proteggono dai malefici e dai sortilegi.
Secondo la tradizione popolare comprare dell’aglio il 24 giugno e appenderlo in casa protegge dai vampiri. Ma ciò che si lega di più al culto del santo sono le fave. Si ignora quale sia il reale nesso tra questo legume e il santo. Si pensa che la ragione sia dovuta ad una raccolta abbondante dopo un periodo di carestia.
A Castelbuono, ad esempio, nel giorno di San Giovanni in contemporanea ad altri centri della Sicilia, si svolge la sagra delle fave. Durante i festeggiamenti che si svolgono in piazza vengono consumate dalla comunità piatti che hanno come ingrediente principale appunto le fave.
In altre zone dell’isola, soprattutto nel ragusano e nel siracusano, il piatto del santo è la gallina, “u iaddu co cinu” (nel nome è maschile, nella pentola è femminile).
Legati non alla terra ma al mare, sono i festeggiamenti ad Acireale, dove si svolge la sagra de “U pisci a mari”, cioè la sagra del pesce spada. La tradizione risale al 1750, anno dell’ inaugurazione della statua del santo patrono della città etnea, e ad un rito propiziatorio per la pesca del pesce spada.
Polpette di pesce spada
Ingredienti
500 gr di pesce spada
100 gr di mollica di pane raffermo
4 cucchiai di pecorino grattugiato
1 uovo
1 spicchio d’aglio
1 ciuffetto di prezzemolo tritato
latte q.b.
sale e pepe
per le polpette fritte
farina q.b.
olio di semi per frittura
per le polpette al sugo
passata di pomodoro
1 cipolla
qualche foglia di basilico
In una ciotola mettete la mollica di pane con il latte e lasciatela per circa 10 minuti. Tagliate il pesce spada a dadini piccoli, dopo aver tolto la pelle e la lisca centrale. In un’altra ciotola mettete il pesce spada, unite la mollica strizzata, l’aglio e il prezzemolo tritato, il pecorino, l’uovo e salate e pepate. Impastate il tutto e dopo iniziate formare delle polpette dalla grandezza di una noce.
Polpette fritte
Passate le polpette nella farina e friggetele in abbondante olio caldo. Fatele scolare sulla carta assorbente e servite.
Polpette al sugo
In un tegame fate soffriggere le polpette con un filo d’olio per un paio di minuti e poi toglietele. Nello stesso tegame fate soffriggere la cipolla e dopo versate la passata di pomodoro, unite le polpette, salate e aggiungete qualche foglia di basilico. Poi servite insieme al sugo.