Il suo nome più antico e universalmente noto, datogli dal popolo azteco, è chayote, il cui significato è “frutto piriforme”, con chiara allusione alla sua forma. Ma sia nel mondo che in Italia è conosciuto con molti altri nomi: zucchina o zucca spinosa, zucchina messicana, melanzana spinosa o melanzana americana, patata spinosa, lingua di lupo. È anche chiamato zucchina centenaria – cucuzza cintinaria nella versione siciliana – poiché è una pianta estremamente generosa, che può arrivare a dare anche cento frutti in una sola fioritura. Il suo nome botanico è, invece, Sechium edule.
Fa parte della famiglia delle cucurbitacee, a cui appartengono anche meloni, zucche e cetrioli ed è originario del centro America, per la precisione del Sud del Messico. Fu molto probabilmente importato in Europa in seguito alla scoperta del continente americano e attualmente il maggior esportatore è il Costarica.
La sua caratteristica peculiare è già evidenziata dall’appellativo “spinosa” con cui è conosciuto: la sua superficie è infatti ricoperta da aculei, sebbene ne esista anche una varietà “liscia”.
Nonostante il suo aspetto non proprio elegante, il chayote ha mille usi e mille proprietà benefiche e, se si prendono i giusti accorgimenti, è anche abbastanza semplice coltivarlo, purché si evitino temperature troppo calde (al di sopra dei 28°) o troppo fredde (sotto i 13°), venga irrigato frequentemente e gli venga fornito un sostegno: è infatti una pianta rampicante che si sviluppa velocemente e può raggiungere un’altezza superiore ai 10 m. Nelle zone più miti può essere piantato già a fine marzo e la raccolta, generalmente tra settembre e ottobre, si può protrarre anche fino a novembre, quando il frutto sarà diventato, dal verde scuro iniziale, di colore giallastro o bianco avorio.
Per piantarlo bisogna usare l’intero frutto, interrandolo appena sotto la superficie del terreno: la zucchina centenaria è infatti una pianta vivipara, il che vuol dire che il seme germina all’interno del frutto; il seme è infatti privo di tegumento, cioè di rivestimento protettivo, e se separato dal frutto morirebbe. Una volta piantato, il chayote si rivela assai longevo, motivo per cui in Sicilia viene anche chiamato cuccuzza ri sett’anni: al sopraggiungere del freddo la pianta secca ma mantiene viva la parte radicale che ritorna in vita con l’arrivo della primavera e questo ciclo di apparente morte e rinascita può ripetersi per diversi anni.
La cintinaria è ricchissima dal punto di vista nutrizionale: composta per il 94% di acqua, ha un ridotto apporto calorico, circa 19 kcal per cento grammi, è ricca di amminoacidi, antiossidanti e fibre nonché di minerali quali potassio, fosforo, calcio e magnesio ed ha un alto contenuto di vitamina C e soprattutto di folati (vitamina B9), fondamentali durante la gravidanza e per la rigenerazione dei globuli rossi. Tutte queste proprietà ne fanno un valido aiuto per la salute dei reni e dell’apparato cardiovascolare, svolgendo un’importante azione diuretica, ipotensiva e antinfiammatoria.
Le proprietà del chayote sono talmente preziose da essere alla base di una leggenda contemporanea secondo la quale la dieta basata su questo ortaggio sia alla base della mummificazione “naturale” di molti corpi prelevati dal cimitero della città colombiana di San Bernardo. Nonostante gli indubbi vantaggi associati al consumo della zucchina centenaria, è più probabile che tale fenomeno sia dovuto al particolare microclima della città situata sulle Ande.
Tutte le parti del chayote sono commestibili. Non solo il frutto, ma anche i germogli, le foglie e le radici. Il frutto può essere cucinato in tantissimi modi, proprio come una normale zucchina: fritto, al vapore, bollito, come condimento per la pasta o accompagnamento negli spezzatini di carne, in agrodolce, per torte dolci o salate e può anche essere consumato crudo, condito come un’insalata, da solo o con altri ortaggi e verdure. I germogli possono essere consumati come asparagi e conservati anche sott’olio o sott’aceto, mentre le foglie possono essere mangiate come spinaci o usate per le tisane ed entrambi possono anche essere mangiati crudi in insalata. I tuberi possono invece essere cucinati come si fa con le patate o altre tuberose, per esempio fritti, come si usa fare in Asia.
Un accorgimento: quando la cucuzza cintinaria viene sbucciata è consigliabile usare i guanti, non solo per le “spine” ma anche perché al di sotto della buccia c’è una sorta di latte colloso che rende le mani appiccicose e che non va via tanto facilmente.
Vi proponiamo un piatto molto semplice da preparare, ideale da accompagnare con carne o pesce ma anche perfetto come antipasto.
Cucuzza cintinaria e patate, saltate con cipolla e menta
Ingredienti per 4 persone
- 1 cucuzza cintinaria (chayote)
- 1 patata
- 2 cipolle rosse
- 1 spicchio d’aglio
- 1 cucchiaio di menta fresca tritata grossolanamente
- 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
- ½ cucchiaio di pepe nero
- sale q.b.
Lavate, asciugate, sbucciate la cucuzza cintinaria e la patata, dividetele a metà e poi tagliateli in fettine sottili. Affettate le cipolle e schiacciate lo spicchio d’aglio. Versate l’olio d’oliva in una padella larga e fatelo riscaldare a fuoco alto. Quando l’olio sarà caldo versate nella padella la cucuzza, la patata, la cipolla e l’aglio. Saltate in padella, mescolando frequentemente, finché tutti gli ingredienti non saranno ben cotti, dorati ma ancora croccanti. Aggiungete sale a piacere e completate col pepe e la menta fresca. Servite immediatamente.
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