Grande “buona” e piccola “meno buona”? Assolutamente no. Nel caso delle arance, così come per altri agrumi e la frutta in genere, questo stereotipo è difficile da rivoluzionare.
Accanto a consumatori consapevoli e sempre più alla ricerca di prodotti della terra sani e genuini, ce ne sono altri ancorati all’idea che per essere buona, un’arancia, debba avere una certa pezzatura. «Da anni – spiega Federica Argentati, agronomo e presidente del Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia – i produttori della filiera siciliana lamentano una incomprensibile, dal loro punto di vista, propensione del consumatore per le arance di calibro maggiore. Una convinzione dovuta, evidentemente, ad un’immagine ormai stereotipata del frutto, e che non tiene conto del fatto che un albero produce frutti sì di varie dimensioni, ma identici da un punto di vista organolettico e nutrizionale».
Chi ha dimestichezza con i tempi e le fasi della natura sa che da un anno all’altro lo stesso albero ci regala frutti più grandi o un po’ più piccoli. «Per questo motivo – spiega il presidente del Distretto Agrumi di Sicilia – non possiamo far diventare il calibro – per moda, abitudine o forma mentis – un requisito indicativo della qualità dell’agrume, e delle sue proprietà organolettiche e nutrizionali. Cosi come non possiamo pensare che valgano molto meno: i costi della filiera sono gli stessi, sia per le arance piccole sia per quelle più grandi». Semmai le arance di più piccolo calibro hanno un valore aggiunto non di poco conto sotto il profilo della utilizzazione: sono infatti più adatte ad essere spremute a casa, negli uffici, negli ospedali, nelle università ed ovunque ci sia una spremiagrumi automatica o manuale.
Le arance, dunque, qualunque sia la loro dimensione, costituiscono un’eccellente ricarica sana e naturale ideale per rafforzare il sistema immunitario di adulti e bambini in questo difficile inverno sotto il segno del Covid. «Proprio il consumo di agrumi – commenta Argentati – durante la prima ondata di pandemia, ha registrato una significativa impennata, con un boom di richieste in Italia e all’estero: un segnale che reputo positivo e che conferma una crescente sensibilità dei consumatori verso prodotti naturalmente ricchi di principi nutrienti in grado di potenziare le difese immunitarie».
Intanto da qualche settimana banconi dei mercati all’aperto e carrelli si colorano di arancione con i primi agrumi siciliani: dopo le reticelle di Navel, i primi freddi che hanno appena imbiancato la cima dell’Etna – e fatto precipitare le temperature nella Sicilia orientale – lasciano ipotizzare come imminente, forse già sotto Natale insieme ai mandarini, la naturale pigmentazione delle arance rosse: le tarocco, moro e sanguinello storicamente coltivate nella Piana di Catania, nel perimetro che include le provincie di Siracusa ed Enna. Il raccolto, confermano agronomi e produttori della Sicilia, la più grande regione agrumetata d’Italia e prima nella classifica italiana per la produzione di agrumi bio (61%), si annuncia generoso in termini qualitativi ed è caratterizzato anche da frutti di calibro medio-piccolo come conseguenza del lungo periodo di siccità vissuto nella primavera e nell’estate scorsa dalle campagne siciliane. Una carenza d’acqua che, in natura, si traduce in un raccolto di arance dalla polpa più dolce e zuccherina che rende ancora più irresistibile il piacere di gustarle ad ogni pasto per accantonare preziose riserve di vitamina C: a spicchi o spremute, a merenda o a fine pasto, oppure molto più spesso a insalata, condite con olio extravergine d’oliva, come vuole la tradizione siciliana.
Sotto il profilo nutrizionale, l’arancia è un naturale concentrato di elementi che potenziano il sistema immunitario, oggetto di continue indagini nel mondo della ricerca scientifica per le sue proprietà salutari: è un frutto molto ricco di acqua (87,2 grammi) e contiene sotto forma di zuccheri semplici 7,8 grammi di carboidrati; zero grassi e zero colesterolo; 1,6 grammi di fibra e ancora potassio, calcio, fosforo, socio, vitamina A e carotenoidi. L’arancia è soprattutto il frutto simbolo della vitamina C, un antiossidante naturale che rafforza le difese dell’organismo: ne contiene in media 45mg, ossia circa la metà della dose giornaliera consigliata. Basso infine l’apporto calorico: 100 grammi di polpa apportano 40 kcal all’organismo.