Fresco, vivace, giovane, leggermente frizzante. Perfetto per accompagnare le tapas di un aperitivo estivo, consumato al tramonto in riva la mare. I due giovani vitivinicoltori jatini, Giuseppe e Adriano Todaro, lo hanno battezzato “Prima Volta”, per rimarcare che si tratta del loro primo vino tutto naturale che parte da uve bio e a cui non viene aggiunto null’altro: né anidride solforosa né lieviti. È un vino che incontra di sicuro il gusto dei millennials e di chi è alla ricerca di prodotti più naturali.
“Prima Volta” nasce dalle uve di Perricone, un vitigno autoctono siciliano, coltivato nelle campagne di San Giuseppe Jato a un altitudine di 450 sul livello del mare. Si tratta di un vitigno che in questi ultimi anni sta raccogliendo grandi consensi, sia tra gli esperti che tra i consumatori. Per questo prodotto frizzante ma non troppo, certamente innovativo ma allo stesso tempo antico, è stato adottato il metodo ancestrale che riporta alla mente i saperi enologici degli antenati, i quali per produrre vini frizzanti e spumanti seguivano più i ritmi scanditi dalla natura che quelli di una moderna cantina.
Durante la presentazione alla stampa specializzata, che si è svolta presso “Locale” a Palermo, delizioso ritrovo per gli amanti del cibo raffinato e del buon vino, Giuseppe Todaro, 33 anni, forte degli studi in ambito agrario e dell’esperienza acquisita da papà Calogero, ha raccontato come sono state lavorate le uve: «Il procedimento consiste in una leggera pressatura delle uve per estrarre i lieviti autoctoni presenti sulle bucce, seguita dalla fermentazione in contenitori di diversa natura. Questa è prima rallentata e poi bloccata in modo da conservare nel vino un contenuto di zuccheri sufficiente a garantire la ripresa della fermentazione dopo l’imbottigliamento, senza ulteriori aggiunte di zuccheri e lieviti». Le bottiglie, ha spiegato ancora Todaro, vengono infine conservate in cantina ad una temperatura che si aggira attorno ai 12-15 °C. Col successivo rialzo delle temperature, il vino prosegue poi la fermentazione in bottiglia con l’autolisi del lievito. «Alla fine del processo – ha sottolineato Todaro – il vino non sarà né sboccato né chiarificato. Si presenterà, quindi, torbido e per la sua conservazione non si aggiungerà anidride solforosa, perché proprio la stessa anidride carbonica che si è sviluppata all’interno della bottiglia, sarà in grado di dare protezione al vino».
Il risultato è davvero di pregio, benché il prodotto sia ancora da strutturare in vista delle future annate. E proprio riguardo a questa fase, diciamo, “sperimentale”, la produzione 2021 ha avuto una “tiratura” limitatissima: appena 1200 bottiglie, quanto basta per testare il mercato, soprattutto nell’ambito della ristretta cerchia degli esperti.
È stato ancora Todaro a spiegare il senso di questo nuovo prodotto della cantina di famiglia, che lavora solo le proprie uve raccolte nei 25 ettari di vigneto situato nella Valle dello Jato: «Questo Perricone nasce dalla nostra voglia di sperimentare. Siamo un’azienda bio dal 2002 e rifuggiamo l’idea del chimico applicata in vigna, ma col “Prima Volta” vogliamo dare un segnale, in primis a noi stessi, cercando di essere il meno possibile invasivi sui nostri vini, attraverso un percorso naturale. Il concetto di coniugarlo come ancestrale frizzante, infine, nasce perché non volevamo fare il solito spumante, ma un rosato dal nostro vitigno più rappresentativo del territorio, il Perricone, con un leggero pétillant, da qui l’idea della breve fermentazione in bottiglia».